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ARRAMPICARE IN LIGURIA:
Rocca du Fò - Nuova via Andrea e Paolo
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Rocca du Fò
Nuova via Andrea e Paolo
D+ 225 m max V (obbl. IV/IV+ A0/A1)
E.DOTTA - C.ROCCATI - R.RUDINO - D.DOTTA - M.PICCO
Informazioni e foto fornite da Cristian Roccati e Ernesto Dotta
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POSIZIONE GEOGRAFICA. La Rocca du Fò è situata nell'entroterra genovese - Genova Voltri - ed è raggiungibile percorrendo la strada che risale il Torrente Cerusa.
Nonostante sia piuttosto vicina al mare (almeno in linea d'aria) risente comunque del clima classico dell'entroterra Ligure. Inoltre, data l'esposizione della via (prevalentemente Nord-Ovest), non è consigliabile percorrerla nelle giornate fredde, specie se ventose. Ciò nonostante la Liguria regala spesso giornate miti anche in inverno, per cui non è escluso che l'arrampicata possa risultare piacevole anche nei mesi invernali.
ACCESSO. Con l'autostrada Genova-Ventimiglia uscire a Genova Voltri. Dopo il casello svoltare a DX, sull'aurelia, in direzione di Voltri-Savona. Superare l'abitato di Voltri dove al suo termine, appena dopo le ultime due case, s’incontra un ampio slargo (capolinea sulla Sx della linea 1 degli autobus). Prendere la prima strada in salita a dx (all'inizio dello slargo) con indicazione per "Fabbriche". La strada passa sotto il viadotto dell'autostrada e quindi segue la sponda del Torrente Cerusa.
Si procede sulla strada che, stretta e tortuosa, oltrepassa il paese. Si continua sino a superare i piloni dell’autostrada incontrando subito a SX in ripida discesa “via Sambugo”.
S’imbocca questa diramazione secondaria incontrando subito un bivio. Si tralascia la strada di DX per la Loc.Sambugo e si continua su via Sambugo a SX. Si procede dapprima in piano e poi in salita fra i tornanti. S’incontrano alcune case presso un tornante a DX e si continua in falso piano verso DX. La strada di montagna perde leggermente quota e poi ricomincia a salire arrivando al suo termine presso uno slargo con box rustici privati. Si fa inversione nella piazza e si parcheggia lungo la strada in discesa a SX (a DX salendo) nell’imminente unico piccolo slargo (posto per 1 auto). Se fosse occupato si consiglia di scendere più a valle per non infastidire i locali che si sono mostrati molto tolleranti con scalatori, cacciatori ed escursionisti fino ad oggi. Si raccomanda quindi la massima educazione.
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Avvicinamento (20')
Dallo spiazzo in cui finisce la strada s’individua un ponte con segnalazioni FIE, che attraversa il torrente a DX, che si tralascia, ed una traccia di sentiero che sale dritta, di fianco all’ultimo box a SX. Talvolta nelle ore serali vi è un piccolo sbarramento di legni accatastati tra la roccia ed una tettoia, per non far fuggire le capre al pascolo. Se lo trovate fate molta attenzione e rimettetelo a posto.
Il sentiero subito affronta una breve salita dove compaiono i primi bolli rossi e poi attraversa un campo di eriche a DX. Si continua dapprima in falso piano e poi si superano due forteti consecutivi ed un cavo di acciaio. Si procede lungamente a mezzacosta sino ad arrivare presso un guado lungo un piccolo affluente. Si prosegue sino ad incontrarne un secondo sul torrente principale, il rio Gava. I segnavia conducono ad aggirare in senso orario un grosso masso, grazie anche ad una passerella. (Spesso le piene la spostano ed è quindi necessario evitare con passi di I il masso in senso antiorario incontrando pochi metri dopo nuovamente il segnavia). La traccia prosegue parallelamente al corso d’acqua con passi più difficoltosi. Il sentiero porta infatti sotto le balze della rocca del Faggio e prosegue con rari passi di I e qualche sali scendi nella macchia sino a raggiungere il canale alla base del diedro evidente su cui attacca la via. Il nome “Via Andrea e Paolo” è scritto a vernice rossa.
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La Via:
L1: III+/IV 20 m 4 fix + 1 ch.
È possibile ancorarsi alla partenza della via mediante una barretta d’antan sulla placca di DX dell’evidente diedro iniziale. Si risale tutto il tratto (III+) e poi si transita verso SX su erba per circa due metri attaccando un risalto roccioso (IV) che conduce ad una terrazza erbosa.
Sosta: 2 fix + cordone maillon di calata
L2: IV/IV+ 20 m 5 fix + 1 ch
Dalla sosta si attacca una placca con lama che si raggiunge con un piccolo passo strapiombante (IV+). Si prosegue verso DX e poi in verticale, su un muro tecnico fessurato con splendidi movimenti eleganti. Si prosegue qualche metro su roccette e si attacca una lama strapiombante ben appigliata (IV+) che conduce in cima al risalto.
Sosta: cordone su albero maillon di calata
L3: IV+/V 25 m 7 fix
Si prosegue per una quindicina di metri a piedi seguendo i bolli rossi sino all’attacco di un nuovo risalto. Vi è un diedro aggettante che dev’essere risalito con buon uso dei piedi (V). I primi due fix sono posizionati in modo da permettere l’A0 o direttamente l’uso di una staffa. Usciti dal primo muro la linea segue una placca verticale molto elegante (IV+) che raggiunge uno spigolo abbattuto alla propria SX. Ci si ristabilisce su di esso raggiungendo la sosta in un ambiente più severo.
Sosta: 2 fix + cordone maillon di calata
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schema itinierario di salita (foto e disegno)
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L4: I + raccordo 20 m con cavo metallico
Direttamente dalla sosta del terzo tiro parte un cavo d’acciaio verso DX che s’insegue per 20 m prima doppiando lo spigolo, poi su rocce rotte ed infine in un breve canale erboso.
Sosta eventuale 1 fix da 8 o longe su 1 fix da 10
L5:IV+ 15 m 5 fix + 1 ch. + 1 cordone
Dal termine del cavo metallico si sale su una placchetta appoggiata che si verticalizza subito. Si prosegue verso DX raggiungendo uno sperone breve che può esser affrontato come tale o come diedro tecnico stando a DX (IV+). Si esce su una terrazza erbosa alla base del pilastro dell’avancorpo. Originariamente questo era il primo tiro della via.
Sosta: cordone su albero maillon di calata
L6:IV+/V 35 m 12 fix + 1ch.
Dalla sosta ci si sposta per qualche metro a SX sino al primo fix. Si attacca un breve risalto che conduce sul vero e proprio pilastro. Si continua verso DX andando ad attaccare una lama evidente ed appigliata che, con buone prese per i piedi, conduce verso SX al passo chiave del tiro. Vi è una tacchetta netta (V) che permette di uscire dal tratto. Si prosegue su una placca verticale tecnica (IV+) ed infine, verso SX, in un canale che s’insegue sino ad una terrazza erbosa. La via classica passava leggermente a SX dopo i primi metri. Questo tiro era protetto solo con due chiodi ancora visibili.
Sosta: 2 fix + cordone maillon di calata
L7:IV+/V 25 m 6 fix + 2 ch +1 cordone
Dalla sosta si continua verso DX, dapprima su una placca abbattuta che termina in un passo erboso e poi sulla parte più severa del pilastro. Un muro non banale (V) conduce in verticale e poi verso SX a tacche e lame che confluiscono nel traverso che caratterizza la parte centrale della via. Si arrampica verso SX sfruttando un’ottima lama (IV+) sulla quale si rimonta. Quand’essa si allarga si attacca una placchetta che conduce ad un terrazzo roccioso molto suggestivo.
Sosta: 2 fix con cordone maillon di calata
L8:IV+/V 30 m 6 fix + 4 ch.
Si sale in verticale su un muretto che a DX aggira su roccia una colata talvolta umida. Si prosegue quindi nettamente a SX aggirando uno spigolo ed attaccando una placca ostica che si rivela in realtà un diedro da vincere con atletica spaccata (V). Anche questo passo è azzerabile grazie ad una chiodatura ravvicinata. Dopo un ristabilimento a DX su terreno appoggiato si prosegue a SX su uno speroncino ed infine su diedro atletico finale, leggermente strapiombante (IV). Attenzione perché l’allungamento della corda in questo punto può rendere il passo obbligato. L’ultimo passo è comunque facilmente evitabile mediante il canale erboso di DX che aggira l’ultimo torrioncino. Questo tiro conduce in vetta all’avancorpo.
Sosta: 2 fix + cordone maillon di calata
L9:IV/IV+ 15 m 6 fix + 2 ch.
Dalla cima s’insegue la traccia segnata con bolli rossi che conduce in una trentina di metri all’attacco del torrione di vetta verso SX. Si attacca quindi un muro verticale molto lavorato (IV+) che si risale con eleganza sino al ristabilimento d’uscita. Questo tiro è concatenabile con il successivo.
Sosta: 2 fix + cordone maillon di calata
L10: III+ 15 m 5 fix
Dalla sosta si prosegue in placca dapprima molto appoggiata (III) che si verticalizza subito trasformandosi in un muro estetico (III+) che esce su una cengia erbosa. La via classica proseguiva a DX verso le piante su cui si sostava dov’è ancora presente una targa di dedica fatta a mano da Riccardo Rudino.
Sosta: 2 fix + cordone grillo di calata
L11: IV 15 m 5 fix
Dalla sosta si prosegue verso SX su roccette che attaccano la placca del versante O. Dopo pochi metri si traversa a SX sulla parete N dove si scopre la presenza di un fix non visibile dal basso, volutamente ravvicinato. Si continua quindi verticalmente con un primo ristabilimento ed un secondo che guadagna la vetta della Rocca du Fò.
Sosta: 2 fix + cordone maillon di Calata.
sullo spigolo al secondo tiro
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Il traverso di L7
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Discesa
Dalla cima si prosegue a piedi seguendo una traccia di sentiero che si porta verso SX. Si scende ad una spalla erbosa e si risale dietro ad essa verso DX (attenzione a non continuare in discesa a SX). Il sentiero continua pianeggiante per pochi metri e, dalla spalla, ricomincia a scendere attraversando un intricato forteto di eriche di circa 25 m e poco dopo una radura che si attraversa. Si raggiunge una postazione da caccia e la si oltrepassa a SX. Il sentiero, sempre più ripido e su una sorta di ghiaione, conduce attraverso il bosco e guada un torrente verso SX.
La traccia continua su un piccolo crinale che raggiunge poi gli ultimi prati sino al guado del torrente principale. Non resta che riattraversare la passerella e seguire il sentiero dell’andata verso DX. Nel caso di piena è possibile percorrere i piccoli 5-6 metri di I grado a DX, segnalati nell’avvicinamento, che aggirano il grande masso portando direttamente sul sentiero a DX.
È anche possibile scender in doppia dalla via ma non è affatto consigliato.
Vie di fuga
Dalle soste del primo, del terzo e del quinto tiro è possibile ritornare all’attacco scendendo per i canali di DX con la dovuta attenzione. Dalla partenza del nono tiro, e cioè il primo del pilastro finale, si può ritrovare una traccia verso SX. Si può proseguire su di essa per circa 7’-8’ sino a raggiungere un ghiaione. Scendendo su di esso fino al suo termine si rintraccia il sentiero bolli rossi di ritorno. Dalla sosta del decimo tiro è possibile aggirare l’ultima lunghezza a DX e conquistare comunque la vetta.
Storia della via
Nel giugno del 2003, scendendo dall'avancorpo della Cima Mondini (Alpi Marittime), Andrea Maria e Riccardo Rudino ebbero un gravissimo incidente. Facendo una doppia Andrea precipitò dalla parete. Riccardo cercò di arrestarne la caduta a forza ma per conseguenza fu strappato via dalla roccia. Si ruppe diverse costole, una spalla ed una mano nel tentativo di tener in vita il compagno, ma non ci fu nulla da fare. Nel periodo seguente, seppur funesto, Riccardo incominciò ad andare in montagna con un altro collega, l’amico Paolo Salata. Quest’ultimo, aveva imparato i rudimenti dell’alpinismo grazie ad un corso CAI e ne era entusiasta. Riccardo e Paolo passarono un anno a scalare in ogni momento possibile. I due amici parlavano spesso di aprire una via e dedicarla ad Andrea, molto caro ad entrambi. Una domenica, mentre affrontavano le storiche linee della Rocca Sbarua, come sempre insieme, Paolo non si sentii bene. Un male tanto oscuro quanto inatteso lo portò via in un mese.
È indescrivibile la situazione in cui si ritrovò Riccardo. Solo il passare del tempo permise allo scalatore qualche attimo di non serena quiete, per poter pensare ad un qualche cosa che potesse ricordare gli amici. «Io non ero mai stato a Sambuco [Val Cerusa, Appennino Ligure, Genova, n.d.r.] ed un giorno sono salito fino a quelle rocce, da solo, senza corda, senza nulla, e metro dopo metro, sono arrivato in cima, senza rendermi conto di quello che stavo facendo. Solo al rientro a casa ho capito che quella roccia e quella via, cosi selvaggia e meravigliosa, erano qualche cosa che mi avrebbe legato a loro per sempre». Riccardo ritornò a scalare la nuova linea dapprima con l'amico Saverio, rocciatore alle prime armi, e successivamente con Maurizio, compagno di scalate da sempre. Con barre d’antan autocostruite e fettucce, organizzò una prima chiodatura sporadica dei cinque tiri presenti.
Nell’aprile del 2007 Riccardo contattò Christian Roccati e Michele Picco per poter conseguire una chiodatura moderna e per poter divulgare la via. I tre scalarono la nuova linea insieme e parlarono della relativa storia. Ad ottobre dello stesso anno un quartetto composto da Roccati, Picco ed anche dagli amici Ernesto e “Dino” Dotta si ritrovò per una primaria opera sulla linea. La prima coppia si applicò alla parte alta mentre la seconda all’attacco dei primi tre tiri della via, che nel corrente anno contava oramai di 7 lunghezze. I lavori furono però rimandati lungamente per due anni.
Christian Roccati nel settembre del 2009 contattò nuovamente Riccardo e Michele per informarli che avrebbe realizzato l’opera insieme socio di cordata Ernesto. I due, grazie ad un continuativo lavoro settimanale sotto ogni tempo, attrezzarono la via con una rinnovata linea logica, aprendo una serie di nuovi tiri su difficoltà omogenee. Ernesto e Christian raddrizzarono la via in ottica moderna, scegliendo di passare dove avrebbero potuto proteggere la linea con eleganza con moderni fix su roccia compatta ma rispettando i passi chiave della via originaria. Mentre la coppia ripuliva primariamente la traccia di accesso, “disgaggiava” la parete ed organizzava ed attuava la chiodatura, il buon Riccardo riqualificava i sentieri, utilizzati di norma dai cacciatori, mediante pulizia e risegnatura. Michele non potendo intervenire direttamente aiutava fornendo una buona parte del materiale iniziale.
Il 13 ottobre la Nuova via Andrea e Paolo è stata ripetuta in libera per il test materiali da Christian ed Ernesto che hanno aggiunto ulteriormente diversi altri ancoraggi in fase di salita. Due giorni dopo è stato aggiunto anche l’undicesimo tiro che conclude la scalata attuale sbucando direttamente in vetta alla Rocca du Fò, la rocca del Faggio.
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