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STORIA DEL BOULDER
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notizie a cura di
Federico Sibona |
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Impossibile, secondo me, determinare una data di nascita esatta del cosiddetto "bouldering", dato che l'attività, più o meno ludica, di salire sulle rocce è sempre esistita. Forse, sviluppatosi in modo definitivo in quel di Fontainebleau alle porte di Parigi agli inizi del secolo scorso, è diventato disciplina a se stante. Solo verso la metà del '900, ad opera di alcuni grandi come John Gill negli States, Pierre Alain in Francia, ecc. l'andar per massi diventa uno sport vero e proprio, anche se l'accezione del termine in alcuni (me compreso) provoca un pò di ribrezzo. Sì, perché il bouldering è più che uno sport: stile di vita, anche se retorico, è il termine che più gli si addice.
In cosa consiste il bouldering? Risolvere un "problema", più o meno difficile, che normalmente non deve superare gli 8-10 movimenti, su un masso alto fino a 5-6 mt. da terra (oltre sono i cosiddetti highball, ma questo lo vedremo più avanti). Apparentemente nessuna difficoltà e qualcuno potrebbe avanzare anche la domanda "ma che divertimento c'è?": difficile da spiegare, ancor peggio da mettere sulla carta. Ma partiamo dall'inizio.
Il sassismo nasceva come allenamento alla sfida posta dalle pareti alpine, come prova, con poco rischio e con condizioni ottimali, di movimenti da esportare poi molto più in alto, dove una caduta comportava (e comporta !) lesioni gravi o addirittura mortali.
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Era quindi una pratica non fine a se stessa, cosi come era anche l'arrampicata cosiddetta di "fondovalle" svolta nelle falesie, con un utilità molto importante. Naturalmente ancora non esistevano le moderne scarpette, per cui le calzature utilizzate erano gli scarponi chiodati o scarpe blande senza nessun tecnicismo particolare, con cui però venivano superati passaggi di grado 4-5, gradi Fb, scala diversa dalla UIAA, utilizzata appositamente per il bouldering, parallelamente alla quale si svilupperanno poi quella Hueco (V) e quella British (B).
Una svolta molto importante la dà Pierre Alain in Francia durante gli anni '40, inventando prima le scarpette a suola liscia cosiddette PA (che poi diverranno EB) e poi aprendo passaggi di 6, naturalmente ora sgradati, ma che all'epoca erano davvero impensabili. Personaggio importantissimo non solo nel bouldering, di cui fu uno dei primi assertori di disciplina indipendente, ma anche dell'alpinismo di alto livello sulle Alpi, Alain contribuirà alla nascita di alcuni tra i più importanti strumenti dell'arrampicatore moderno (imbrago, moschettoni moderni, ecc.).
Intanto negli anni 50-60 si va profilando quella che diverrà una delle più importanti scene dell'arrampicata libera moderna: lo Yosemite. Naturalmente questa è storia a parte, fatta anche e soprattutto di grandi salite in artificiale, ma anche qui il bouldering inizia a definirsi sia come allenamento sia come divertimento degli 'abitanti' del Camp 4, quando non erano impegnati sulle grandi big wall del Capitan, dell'Half Dome e delle alte cime della Sierra. Ma un personaggio sviluppa per se, e in modo completamente indipendente sia da Bleau che dal Camp 4, una sua idea di bouldering: John Gill, definito in seguito 'la mosca umana' per le sue enormi capacità. Uno dei primi pensatori della metodica dell'allenamento moderno, di cui era assertore nel modo più completo, ribalta molte delle gestualità della ginnastica sull'arrampicata, contribuendo fra l'altro all'introduzione della magnesite.
Gill sviluppò una forza impressionante a detta di quanti lo videro in azione e a detta anche di chi oggi, a distanza di 40-50 anni, prova a cimentarsi nei suoi famosi problemi, a volte senza riuscirci! Capace di trazioni monodito su un solo braccio, di sospensioni parallele al terreno sempre monobraccio, del movimento della farfalla agli anelli e molte altre 'mostruosità', era un arrampicatore completo nel vero senso del termine. Uso dei piedi eccellente, equilibrio favoloso, il tutto supportato dalla testa: si, perché lo stesso Royal Robbins, vedendo e provando (non in free-solo ma in top-rope) il famoso passaggio sul Thimble, fece tanto di cappello a colui che era reputato 'fifone' dall'ambiente Yosemitiano. Passaggio esposto, alto 9m. sopra un parcheggio con tanto di guardrail (ora spostato più dietro!), di difficoltà 6c, fatto senza provarlo preventivamente, senza corda e senza crash-pad (allora non esistevano ancora)! Naturalmente su Gill si potrebbe continuare all'infinito, con le sue numerose salite in free-solo su pareti di centinaia di metri, o anche solo per la sua filosofia del bouldering (che peraltro tutt'oggi continua a stupire); anche altri personaggi fecero grande questo "sport", come Holloway, Ament. Ma intanto nel vecchio continente qualcosa si stava muovendo.
Lasciando da parte il discorso inglese, dato che più che di bouldering bisognerebbe parlare di salite suicide, in stile free-solo o clean di pareti più che di massi, eseguite senza nessuna paura (e tuttora è così!) sul famoso Gritstone, anche l'Italia negli anni '70 comincia a portare avanti una filosofia derivata dal 68 ed ereditata dagli USA, di un'arrampicata per così dire "libera". Valle dell'Orco (chi non ha mai visto o provato la famosa fessura Kosterlitz, che il ragazzo fece con tanto di scarponi e sul quale oggi si suda con scarpette e corda dall'alto!), Val di Mello, Val Masino, iniziano a fronteggiare l'alpinismo classico, portando avanti nuovi ideali che sfoceranno poi nel cosiddetto "Nuovo Mattino". Un completo ribaltamento dell'eroicità alpinistica verso quello che era più una ricerca del gesto bello, non della cima ad ogni costo, un discorso molto complesso che va al di là della semplice arrampicata: personaggi come Motti, Guerini ed altri inizieranno a far cose che al tempo erano considerate quasi eretiche dai puristi, una delle quali proprio il sassismo fine a se stesso. E iniziano anche a fiorire i 7 (anche se nella solita Fontainebleau ci erano già arrivati 20 anni prima!), non sulle pareti alpine ma su massi di pochi metri.
Intanto un nuovo bleausard arriva sulla scena: Jacky Godoffe, uno dei migliori a tutt'oggi, che fa sentire l'esperienza maturata a Bleau, aprendo passaggi di grado 8. Anche in Svizzera qualcosa si sta muovendo, anzi un vero e proprio terremoto provocato da 2 fratelli, Fred e Francois Nicole, prima nelle falesie, stravolgendo completamente il discorso della difficoltà e ribaltando la rigida scala gerarchica dell'epoca e poi dandosi anima e corpo alla ricerca della difficoltà sui massi. Messo in discussione più volte, soprattutto ultimamente, Fred Nicole a parere mio resta ed è uno dei migliori al mondo, anche per il modo "filosofico" con cui affronta il problema (riproponendo il metodo Gill), ma questo è un altro discorso. Spuntano come funghi i nuovi siti boulder (Sudafrica, Italia, nuovi negli USA e poi sempre e comunque Bleau) e nuovi big che sembrano passeggiare ormai sull'8.
OGGI
Oggi molti dicono che il bouldering è diventato una moda: non posso negarlo, anche perché io stesso faccio parte dell'ultima generazione di arrampicatori nati sui massi, che probabilmente non riuscirebbero a fare un 6 in montagna, ma a cui probabilmente non importa poi tanto! Il bouldering è libertà, un paio di scarpette, un sacchetto di magnesite e, se proprio non si vuole rischiare il fondoschiena, un bel crash-pad e si ha tutto il necessario per mettersi alla ricerca di un bel passaggio da salire, magari nella tranquillità di un bosco. La cosiddetta filosofia boulder!
Tornando al discorso big, ormai il grado 8 è consolidato, con passaggi come Dreamtime a Cresciano (8c Fb), Trip Hop a Bleau (8c Fb), Emotional Landscapes a Maltatal (8c Fb), Byaku Dou in Giappone (8c Fb) e molti altri ad opera di "mostri" come Klem Loskot, Dai Koyamada, sempre Fred Nicole, Bernd Zangerl, ecc.
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Discorso a parte merita poi Chris Sharma, ragazzo che inizia a sconvolgere il mondo con realizzazioni incredibili, anche in falesia (Realization 9a+, estensione di Biographie a Ceuse) e boulder di tutto rispetto (Mandala su tutti), stravincendo anche nelle competizioni, dalle quali peraltro si allontana gradualmente dopo la squalifica del 2000.
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La sua è una ricerca sicuramente molto più spirituale che della pura difficoltà, ma passaggi come Dreamtime non lo sconvolgono più di tanto (ripetuto!).Altri dimostrano al mondo che il boulder non è un gioco di secondo piano, ma che ha una sua sfera ben precisa: Dave Graham, Tokio Muroi, Jerome Meyer, Malcom Smith, Jason Kehl (fuori di testa completamente!), i fratelli Schwaiger ed altri ancora, senza dimenticare gli italiani, Core e Calibani su tutti insieme a Nardi, Pedeferri, Brenna, ecc..
Proprio di questi giorni e proprio di Calibani la proposta del primo 8c+ boulder del mondo con il passaggio chiamato Tonino78 a Meschia, una delle mecche (purtroppo chiuse al pubblico!) del boulder italiano: incredibile, molte polemiche suscitate, ma a vedere il video ci si crede davvero, chiedendosi dove siano le prese!
Intanto si fa sempre più sottile la differenza tra free-solo e highball (Gill profeta!), con passaggi come The Fly a Rumney, 9a di Graham, inizialmente quasi riepetuto flash da Sharma (chiuso comunque al secondo tentativo) e poi fatto senza corda da Kehl, con un bel pò di materassi sotto: grado proposto 8b+ Fb! E la storia continua...
Naturalmente molti personaggi li ho dimenticati, molti non li ho citati altrimenti potevo scrivere un libro, molte realizzazioni di alto livello le ho lasciate da parte, ma a grandissime linee questa è la storia del bouldering moderno, che si sviluppa ancora e che ormai è accettato come disciplina vera e propria (e le aziende specializzate se ne sono accorte!). I siti internet parlano quotidianamente di nuove mostruosità, di dodicenni che girano sull'8 e l'allenamento è diventato ormai una regola (Gullich ha insegnato molto in questo senso), però secondo me la bellezza è sempre il passaggio che ci attrae, che sia un 5 o che sia un 7, il modo in cui lo si risolve, l'ambiente che ci circonda. Chi si chiedeva cosa ci sia d'interessante nel salire un masso....
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